MATERIALI PER TLC, LA CHIMICA INTELLIGENTE
Poche formule e zero dimostrazioni: la perfezione del corso a scelta più snobbato di tutta Ingegneria
Chimica, formule e rapporti stechiometrici.
Definire così materiali per telecomunicazioni, il corso a scelta più snobbato (solo in sei a seguire, me compreso) qui nella laurea triennale di ingegneria delle telecomunicazioni a Cassino, è ingiusto e sbagliato oltre che eccessivamente riduttivo.
La chimica c’è, senza dubbio, ma è solo da base per capire più da vicino come funzionano dispositivi per la trasmissione di informazioni utilizzate nelle telecomunicazioni, come gli apparecchi laser, le fibre ottiche, i superconduttori, i materiali ferromagnetici, nonché i semiconduttori utilizzati per i transistor in elettronica.
L’inizio è in sordina, con nozioni di chimica a livello da scuola superiore (l’atomo, gli elettroni, la tavola periodica di Mendeleev, gli orbitali), e ci si chiede l’utilità di concetti che rievocano lontani ricordi di pagelle e interrogazioni (personalmente ricordo ancora i tre che metteva il mio prof. di fisica).
Vietato però fare giudizi affrettati.
Il bello viene dopo, quando si esplora il mondo delle telecomunicazioni senza l’ammasso quasi privo di senso di formule tipiche dei corsi di campi elettromagnetici, e senza il peso infame delle dimostrazioni: qualche formuletta qua e là, giusto qualche grafico per mettere a posto le idee, il resto sono concetti, spiegati con fervore (manco avesse davanti una platea di ascoltatori) dal prof. Giuseppe Mascolo (foto a fianco) che qui a Cassino dirige l’intero dipartimento di chimica.
Forse è proprio questo che spaventa i molti studenti che ignorano questo corso, giudicandolo al limite dell’inutile: dopo vari corsi di matematica quasi pura, si considerano prive di significato le parole e le definizioni libere dai numeri.
E invece no, è tutt’altro che un inutile perdita di tempo vedere da vicino in azione nelle esercitazioni di laboratorio strumenti come il rumoroso diffrattometro a raggi x, il microscopio elettronico, forni da 1500 e passa gradi, gigantesche bombole di azoto liquido, e il contenitore sempre di azoto in miniatura per vedere in piccolo il principio base del funzionamento dei treni a levitazione magnetica.
Insomma, un corso perfetto, e perfetto anche è l’esito dell’esame, con un trenta tondo tondo dopo un orale (non tostissimo, ma nemmeno una passeggiata) spedito di una mezz’oretta con una sola imprecisione nel finale.
Strano che siano così in pochi a seguire (nessuno tra gli studenti del terzo anno in corso).
Pochi fortunati, aggiungo io.
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Scritta così sembra quello che un tempo era l’esame di chimica comune a tutti gli indirizzi.
Un tempo. Ora i nuovi ingegneri delle telecomunicazioni, almeno qui a Cassino, non sanno una ceppa di chimica. Ed è grave.