Psicosi Ebola, episodi di razzismo a Roma

“ci attacchi l’Ebola, vai via”, razzismo contro una donna e una bambina extracomunitaria a Roma
L’Ebola è indubbiamente uno dei problemi sanitari più grossi che il mondo sta affrontando in questo periodo e per quanto in Europa i casi siano piuttosto limitati la paura ha cominciato a diffondersi in modo quasi irrazionale. Un timore che può essere comprensibile, ma che dovrebbe spingere le persone a informarsi sugli effettivi rischi, e che invece, causa anche ignoranza, in alcuni casi sfocia nel più bieco razzismo, come successo in questi giorni, in ben due occasioni, nella zona di Roma.
Il caso più antipatico, e probabilmente più legato al razzismo vero e proprio, è quello successo nella Capitale, dove lunedì scorso Fataomata, una giovane originaria della Guinea, ma in Italia da quattro anni, è stata insultata su un autobus da un gruppo di tredicenni che le hanno imposto di spostarsi in quanto portatrice di Ebola.
La giovane non ha subìto in silenzio e ha risposto alle ragazzine, ma costoro hanno contattato alcuni parenti che si sono fatti trovare al capolinea e l’hanno aggredita con schiaffi e pugni. Fataomata è stata ricoverata al Policlinico Tor Vergata con contusioni ritenute guaribili in dodici giorni.
Quanto successo a Fiumicino, invece, ha origini più legate all’ignoranza circa le modalità di contrazione e trasmissione dell’Ebola, perché un gruppo di mamme di bambini che frequentano l’asilo Porto Romano ha letteralmente impedito a una bambina italiana, Chanel, di entrare a scuola, in quanto secondo loro la piccola, appena tornata da un viaggio in Uganda con la famiglia, avrebbe potuto attaccare l’Ebola ai propri compagni. Il padre, carabiniere costretto a viaggi di lavoro in Africa, ha assicurato sul fatto che l’Uganda non sia un paese a rischio, ma soprattutto ha sottoposto tutta la famiglia ad accurate analisi che hanno escluso la presenza della malattia. Nonostante ciò le mamme, che avevano ventilato l’ipotesi di tenere a casa i propri figli, sono state irremovibili e la bambina è dovuta stare a casa per una settimana, prima di poter tornare a scuola anche grazie alla mediazione della preside.
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