Muore di infarto per il troppo lavoro, azienda paga maxi risarcimento

850 mila euro di risarcimento alla famiglia di un uomo morto d’infarto a causa dello stress lavorativo
L’Italia lo sa bene, di lavoro spesso si muore. A finire, giustamente, agli onori della cronaca sono spesso le cosiddette morti bianche, che nel 2013 sono state oltre cinquecento, ma il lavoro sa uccidere in modo anche più subdolo e silenzioso, esercitando una pressione e uno stress difficilmente dimostrabili, ma in alcuni casi fatali.
Novità sul riconoscimento dei danni da eccesso di lavoro potrebbero arrivare da una recente sentenza, che ha di fatto stabilito che un uomo morto d’infarto è deceduto per le condizioni proibitive in cui era costretto a lavorare.
La sezione lavoro della Suprema Corte ha infatti condannato una nota azienda di telecomunicazioni italiana a risarcire con 850mila euro la moglie e il figlio minorenne dell’uomo, ritenendola responsabile dell’eccessivo carico di lavoro a cui era sottoposto il loro dipendente.
In primo grado il giudice aveva dato ragione alla società, ma il verdetto è stato successivamente ribaltato dalla Corte d’appello di Roma. La denuncia era partita dalla famiglia dell’uomo, convinta che l’infarto fosse stato provocato dalle condizioni in cui il lavoratore si trovava ad operare, costretto a undici ore di lavoro al giorno e a seguire numerosi e complicati progetti senza il sostengo di alcun collaboratore.
Nonostante una perizia tecnica abbia confermato che il decesso possa essere stato ricollegabile alle condizioni lavorative, l’azienda ha provato a fare ricorso e a difendersi sostenendo che il dipendente aveva l’attitudine al coinvolgimento emotivo e intellettuale nei progetti che seguiva e che non aveva mai manifestato problemi di salute o espresso lamentele.
La sezione lavoro della Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato gli argomenti della difesa, dichiarando che il datore di lavoro è tenuto a conoscere le modalità lavorative dei propri dipendenti e accertando, inoltre, che la gravosità delle mansioni assegnate non potevano essere ricondotte a una scelta volontaria del lavoratore deceduto.
loading...